Lo sguardo rivolto in sé



Introduzione

Ci sono rarissimi momenti della vita in cui persone, dotate di una finissima sensibilita', riescono a cogliere nel breve tempo di un sospiro quello che chiamo "il senso sublime del tutto". Questa premessa mi e' d'obbligo in quanto tutti i miei pensieri, aforismi, a volte poesie, (che toccano diversi aspetti dei sentimenti umani), sono ispirati da un mio stato d'animo che trascende il semplice significato delle parole e suscita in me una consapevole nitidezza che crea un conflitto tra fantasia e ragione, procurandomi un piacere inquieto e drammatico in una misura talmente passionale che mi permette di "vivere" (in quel breve tempo di un sospiro), "il senso sublime del tutto", inteso addirittura come spiegazione della vita e della morte in una felice accettazione. Ma nell'attimo in cui "il senso sublime del tutto" entra nella mia comprensione, come un vento fresco di primavera, quello che mi lascia felicemente solo e; la certezza di non essere in grado di poter spiegare concretamente cosa mi accade veramente. Contemplo infatti un momento che sembra riassumere tutto cio' che so e cio' che devo ancora sapere. Tutto cio' che ho sentito e che devo ancora sentire. In altre parole mi appare chiaro tutto quello che ho vissuto e quello che devo ancora vivere, immerso in profumi antichi e profumi sorprendentemente nuovi, avvolto da una musica (la musica) divina che mi rende totalmente consapevole. Paradossalmente pero' da una parte questo mi terrorizza nella sua vastita' e dall'altra mi regala una gioia inconsueta all'anima, priva quest'ultima come non mai di alcuna traccia di peccato. In tutto questo ho la forte percezione di essere cullato, nell'immenso universo, dalla braccia calde e forti di una sola verita'.

Mario Perillo


Presentazione

Per alcuni la poesia rappresenta una sorta di maledizione. Quasi una possessione diabolica che preme forte nell'animo, logorandolo fino a che non viene messa a tacere attraverso l'espressione letteraria, tacitata per un attimo dal momento creativo, salvo poi esplodere di nuovo in tutta la sua urgenza. Altri invece vedono in essa una liberazione, reputandola un tramite catartico capace di alleviare lo spirito dalle passioni, caritatevole musa che viene in soccorso di chi l'attende come un balsamo purificatore di ogni peso interiore: nel caso di Mario Perillo, versatile artista che si pone come un vero e proprio umanista del nostro tempo, e' doveroso parlare di pura rivelazione. La parola scritta per lui e' infatti il risultato di una epifania, il prodotto di un fulmineo moto della mente o del cuore, quando non di entrambi in egual misura. Una sottile vibrazione del profondo, tanto piu' preziosa e rara appunto perche' fuggente ed istantanea, che dunque va immediatamente trasposta in versi. Eternata cosi' nella sua splendida ricchezza di significato. E sono palpiti che, pur nascendo dal vissuto personale, acquisiscono ben presto una valenza universale, l'io del poeta, scrigno colmo dei tesori di straordinarie sensibilita' e saggezza, divenendo mirabile specchio in grado di riflettere le pulsioni, emotivi e ad un tempo razionale, che animano ogni lettore. Ispirato, intenso e sincero cantore della vita, colta nelle sue cangianti manifestazioni, egli riesce a toccare magistralmente le corde piu' nascoste di chiunque si avvicini alla sua opera, che parli di amore, di amicizia, di vittorie o sconfitte conosciute nella partita a dadi con la sorte, di valori e principi che coltiva e vede incarnati o traditi. Dell'intera, multiforme, meravigliosa gamma dell'esistenza, in definitiva. Sondata con intima, trepidante partecipazione e sublimata mediante un linguaggio pregnante, nel quale ogni termine scelto con certosina maestria, acquisisce ridondanze simboliche, dilatandosi fino a divenire un formidabile strumento conoscitivo di superiori conquiste dell'anima. Volando sulle ali di uno stile di elevata potenza espressiva, tale da suscitare la disinteressata ammirazione di Montale che nella forza evocatrice del verso fu esploratore inarrivabile, Perillo si libera delle spoglie della materia e tende verso una realta' ultraterrena. Squarciando il velo tenuissimo che separa il reale da cio' che gli sta sopra o dietro. E cogliendo appieno l'essenza di cio' che appare ma che non tutti riescono a percepire, perche' rivelata solo al poeta, privilegiato destinatario della abbagliante folgorazione e da esso sapientemente restituitazi, innervata di trascendente magia, ad illuminare i nostri ristretti orizzonti.

Sandro Candelora


Intervento critico

La poesia di Mario Perillo e' "concreta". Come un vivace, affascinante ruscello di primavera, dalle acque che scorrono veloci, limpide, ma ancora gelide di neve disciolta; trasparenti, ma con ben visibili i sassi levigati, le lunghe guaine deposte dalle rane, ricche di uova, i rami spezzati, l'intreccio ingegnoso delle dighe dei castori, i detriti..., presenze reali e solide che ricordano la loro esistenza e valenza prima che l'aquilone salga verso il cielo. E' la stessa concretezza che e' ben presente nel cammino dell'uomo-poeta-pittore. E ritorna l'immagine del ruscello vivace, gonfio di acque ora impetuose, ora piu' calme, ma che fluisce nel suo alveo profondo, dagli alti argini della sincerita', del coraggio ed anche quello dell'indignazione di fronte a morbosita' e volgarita', cosi' frequenti, piu' oggi di ieri perche' fanno tendenza e procurano vantaggi personali, incompatibili pero' non solo con la poesia autentica ma con la stessa cultura. La natura, questa "presenza" cosi' concreta, che Mario Perillo contempla e gode con intensa, consapevole felicita' (e lo leggiamo) "... dove oceani di primule gialle sorridono al cielo turchino..." nutre il cuore dell'amante "...per un attimo afferra il senso sublime del tutto...". E ancora l'animo, questa entita' psichica, che non riesce a contenere "... tutti i frutti maturi di quell'albero...". Ecco il prodigio poetico: dalla concretezza al sublime, come nei suoi quadri. In cosi' breve composizione concretezza ed astrazione sono immagine e sostanza complementari ed e' presente anche l'impegno perentorio del "suo cammino". Impegno poetico ed esistenziale, realistico, che - a chi non conosce l'autore - puo' sembrare presunzione ed e' invece cio'che realizza la fusione, l'unita', la consistenza ed il valore delle sue composizioni.

Luciana di Zeno


Prologo

Poni l'orecchio sul petto palpitante
e tendi le lunghe braccia dello spirito
alla conquista della tua interiorit&agrave,

al di sotto di questo non c'&egrave conquista,
l'appagamento materiale in tutte le sue manifestazioni
pu&ograve essere facile per chiunque. Ma il vero godimento
della vita &egrave dato dall'educazione alla conoscenza della
vita stessa, fino al raggiungimento del confine delle
nostre anime.


La bellezza della natura come massima espressione sulla sensibilità

In questo luogo dove le fronde
di alberi antichi
mi accarezzano i bianchi capelli
e simile ad un ruscello fra i sassi
il sole sembra gorgogliare
tra mille foglie piccole e grandi,
in questo luogo magico
dove oceani di primule gialle
sorridono al cielo turchino
privo di nuvole,
qui, in questo luogo,
si nutre il mio cuore
che, totalmente perduto nell'amore,
per un attimo
afferra il senso sublime del tutto.


Lo sguardo rivolto in sè

Se cadr&ograve non vorr&ograve pi&ugrave
che quello specchio
d'acqua chiara
mi regali ancora
la mia immagine,

non vorr&ograve pi&ugrave
raccogliere nell'orto
del mio corpo
grano maturo,

stelle di verit&agrave
non vorr&ograve pi&ugrave
disturbare,

pregher&ograve solo Marte
affinch&eacute mi trafigga.

Se cadr&ograve.


Anche se curvo guarderai sempre l'orizzonte.

Ti spingeranno
ma non ti fermerai,
ti scaglieranno
frecce di ipocrisia
ma tu sicuramente
non cadrai tre volte.

E quando morirai,
perch&eacute sentirai
l'amico del cuore
ingannarti
con una menzogna,
morirai felice
per la gioia
di aver capito tanto.

Non ti sceglierai ladroni
che ti accompagnino
nell'ultimo viaggio,
non ti appellerai a nessuno
pi&ugrave alto di te,

morirai grande
con l'orizzonte negli occhi.


Un pò sull' ... "amore"

Ci vogliono singole capacit&agrave interiori
e un fine comune da raggiungere
per vivere profondamente insieme
e tendere alla conquista della felicit&agrave
di morire insieme.
In questo p&uograve risiedere il significato
della parola amore tra due persone.

Tutto c&iograve che realmente viviamo
&egrave invece confusione, ipocrisia,
egoismo, menzogna, godimento effimero
avidit&agrave di possesso.

Nell'intesa di questi "sinceri" sentimenti
si equivoca il senso dell'amore.


Pioveva forte quella mattina d'autunno
mentre l'oscurit&agrave teneva legata
ancora un poco la prima luce del giorno.

I tuoi occhi lucidi
maliziosamente acconsentivano
e g&iagrave nuda sul mio petto
ponevi il tuo spirito.
Accarezzai dolcemente i tuoi capelli
e alla tua estrema audacia
ebbi un fremito di piacere;
quel fremito tu cogliesti
per la gioia di femmina orgogliosa,
salisti baldanzosa alle mie gote,
e lungamente ci baciammo.

Pioveva forte quella mattina d'autunno
mentre l'oscurit&agrave teneva legata
ancora un poco la prima luce del giorno.


Solitudine e malinconia come stato di privilegio

Come una vela bianca che rischiarava
la notte, venisti ad insegnarmi
a parlare alle stelle.
Discreta, dolce, silenziosa malinconia.
Amante di sempre.


Quando i venti gelidi
di altezze remote,
scolpiranno il mio viso
ed il mio aspetto
assumer&agrave fiera vecchiezza,
diritto sul tronco
ancora ti terr&ograve per mano,
mia giovane solitudine.


Tre pagine sull'avarizia

Con labbra sottili e ispidi capelli,
si presenta l'avarizia.

Essa non ha mai guardato il limpido cielo azzurro e mai ha raccolto petali profumati. Quando &egrave stato chiesto ad essa, quale colore avesse il mare, ha cos&igrave risposto: - il mare? Ma il mare non sar&agrave mai mio, cosa volete che mi importi del suo colore -.
QUando poi &egrave stato chiesto ad essa, se avesse mai provato solitudine, ha cos&igrave risposto: - la solitudine? Ma da sola come farei a riempire il mio granaio? - Quando poi &egrave stato chiesto ad essa del sole e della luna ha cos&igrave risposto: - ben venga il sole affinch&eacute il mio grano possa maturare, ma faccia posto alla pioggia quando &egrave troppo cocente, egli potrebbe bruciare il resto delle mie colture. In quanto alla luna, non me ne curo, mi dicono che si fa vedere di notte ed io di notte quando non dormo, conto il mio denaro -.
QUando infine &egrave stato chiesto ad essa della morte, con voce inconsapevole e tremula, ha cos&igrave risposto: - la morte? La morte... ma... ma... ma come volete... come volete che io possa morire, con tutto quello che ho da fare oggi al mercato -.


Due pagine sull'ignoranza

Quando parlo d'ignoranza, non parlo dell'antica ignoranza degli umili, ma di quella ignoranza truccata della cultura odierna che muore tutti i giorni nei meandri della propria intimit&agrave, ma che continua a vivere nell'arroganza e nella formalit&agrave della vita pi&ugrave conveniente.
L'ignoranza pi&ugrave pericolosa, l'ignoranza pi&ugrave ignobile, l'ignoranza che si nasconde dietro all'ipocrisia malefica della parola democrazia.
L'ignoranza che fa piangere i morti di una ingiusta guerra, ma che resta impassibile dinanzi agli innumerevoli e continui assassinii in tempo di pace.
L'ignoranza che pone il suo massimo ideale nell'arricchimento pi&ugrave sfrenato per il potere del nulla.

Divinit&agrave che tutto concepite, raccontateci antiche novelle affinch&eacute possano nutrirci ancora di pane buono. Non importa se dovranno perire alcuni uomini giusti, ma distruggete le false democrazie, per ricominciare a bere dal vecchio sorriso di quel cielo pure che gi&agrave conoscemmo.


Un pensiero in rima

Quando spesso
cado a fare il fesso

com'&egrave bello
ridersi addosso.

In un mondo dove
non sei il padrone
dove comandano altri
com'&egrave bello ridere a tratti.


Pensieri... di getto

Sono gi&agrave stanco
e non ho ancora fatto niente
non ho fatto niente per me
per gli altri poi ancor meno.

Avessi almeno sbagliato
come tanti che conosco
e che riescono ugualmente
a sopravvivere.

Non ho avuto neanche
il coraggio di girare
per le strade, di notte,
affinch&eacute scroprissero in me
una reale pazzia
che mi giustificasse.

Sono gi&agrave stanco
e non ho ancora fatto niente.

Avessi almeno bevuto
fino a non capire,
per sognare.


Quando i sensi rapiscono
e ci si sente solo carne,
per un attimo si ha
la certezza di non essere
assolutamente nulla
di fronte al proprio cospetto.

Allora attendi il sonno
pi&ugrave profondo che ti prenda
e al risveglio ringrazi
la notte
per averti purificato.


Quando parlo di coerenza, amico mio,
non parlo di quello stupido orgoglio forzato
che scricchiola tutti i giorni
sotto i piedi sporchi e pesanti.

Quando parlo di coerenza,
parlo di quel succo divino
che vuol scorrere
con gioia nelle vene
e che si getta copioso
nel mare dell'interiorit&agrave,
dando origine ad una verit&agrave
che dura nel tempo.


A volte, colti dalla fame,
il nostro stomaco
ha accettato cibi nauseanti
e poco nutrienti.

Ma non per questo
il nostro palato
ha perso il proprio
aristocratico gusto.


Alcune riflessioni sull'arte

Le pi&ugrave grandi manifestazioni
dei pi&ugrave grandi uomini
sono sempre seconde
alle manifestazioni della natura.

I grandi uomini ne sono consapevoli.
Da questa certezza
nasce la loro umilt&agrave.


La brevit&agrave della vita impone
alla grandezza dell'arte
di esaltarne il senso.


... capii che stavo crescendo nel momento in cui
riuscii a dipingere ci&ograve che sentivo.


Non puoi parlare con sincerit&agrave
della tua porzione di cielo
se prima non hai conosciuto
profondamente l'angolo di
terra che ti appartiene.

Allo stesso modo nell'arte
non puoi raggiungere
l'essenziale e l'etereo
se non sei penetrato profondamente
nel realismo pi&ugrave assoluto.


... Probabilmente alla fine...

Nell'estremo saluto
due sole cose vorrei
che la vita mi concedesse ancora,
due cose da portare
in dono all'eternit&agrave.
Il vento freddo e impetuoso
e lo sguardo pulito di un bambino.


Nella festa finale,
quando sceglier&ograve un vestito
nuovo da indossare, sar&ograve
attento nel prendere
quello giusto.

Sar&agrave pesante e scuro,
possibilmente nero.

E come il pittore,
che si accinge
all'ultimo ritocco,
esala un profondo sospiro,
cos&igrave sospirer&ograve,
per donare alla terra
l'ultimo mio calore.


Epilogo

Cori solenni,
raggiungono solo
orecchie raffinate.


Dopo tanto peregrinare,
si calm&ograve il mare dell'anima sua,
e quell'uomo guard&ograve il tutto dall'alto.
Ma al cielo ancor pi&ugrave alto
volgeva lo sguardo,
consapevole del grande gioco
a lui sconosciuto.


Per vivere

dalle mie mani
fioriranno altri quadri,
altri versi sussurreranno
le mie labbra,
avr&ograve intuizioni fantasiose e sagge
e la mia persona si rallegrer&agrave
con lo spirito mio.
Ancora una volta
guarder&ograve verso le stelle
appoggiato al balcone dell'animo
e in preda alla felicit&agrave
che mi trapasser&agrave il cuore,
visiter&ograve le stanze
luminose del cielo.

Per vivere.


Postfazione
Mario Perillo: la luce ed altro


Se Mario Perillo sia piu' pittore o piu' poeta io non so dire. QUello che so e' che nelle sue mani la luce puo' prendere entrambe le direzioni e farsi indifferentemente pittura e poesia, farsi "sguardo rivolto in se'". E' felicissima l'immagine che troviamo nella composizione V:

... simile ad un ruscello fra i sassi
il sole sembra gorgogliare
tra mille foglie piccole e grandi.

Avverti, anzi vedi, il tremolare della luce che, come acqua, filtra per mille rivoli in un gioco infinito di barbagli. Qui e' tutto intero Mario Perillo: nella consapevolezza che la sua esistenza ha valore solo se in perfetta simbiosi con la natura, solo se in grado di cogliere il miracolo di cui questa, la natura, costantemente ci gratifica.
La luce; cos'e' la luce per l'artista? E' l'elemento indispensabile per vedere e dunque per conoscere; e' la chiave per mezzo della quale poter guardare se stesso e il mondo; e' la possibilita' a lui concessa nell'immediato, per intuito. Di questa luce-conoscenza l'arte ci ha sempre fatto dono: i foschi bagliori e le luci accecanti delle cantiche dantesche, la luce razionale di Piero della Francesca, quella psicanalitica di Lorenzo Lotto, quella indagatrice del Caravaggio, le penombre degli interni gozzaniani, le sublimi inondazioni luminose di Turner. Perillo lo sa bene. A tal punto lo sa da farsi specchio riflettente immagini radiose (VII):

... la tua radiosa immagine
riflessa in questo piccolo specchio
che e' il mio cuore.

A tal punto lo sa che la sua conoscenza non potra' mai essere scientifica, ma sempre e soltanto intuitiva. All'artista non interessa se il sole e' grande un milione di volte la terra e se e' questa a girargli intorno e non viceversa. L'artista sa che il sole nasce e tramonta, illumina e riscalda. E' illuminazione, e' intuizione cio' che fa dire a Perillo (??), in questa composizione non numerata, ma contrassegata da due punti interrogativi:

in un fiore di ciliegio
ho colto l'eternita'.

La vita ha dunque
un senso.

I due punti interrogativi messi - s'e' visto - a mo' di titolo in questo breve componimento che e' l'ultimo di quelli raccolti dall'autore ne "La bellezza della natura..." non devono trarci in inganno. Essi dicono solo l'incapacita' del poeta a trovare un titolo non banale per quella rapidissima sintesi che non pone domande, ma scolpisce verita' apodittiche.
Si potrebbe inserire nell'osservazione della singolare capacita' di Mario Perillo a cogliere gli infiniti momenti di verita' che madre natura, prodiga, ci dispensa, ma il bisogno di ripiegamento su se stesso che il poeta, in questa sua ultima fatica, reclama a gran voce viene a chiederci di portare la nostra attenzione su altri aspetti della raccolta altrettanto vitali ed importanti. L'amore, per esempio, inteso come irrazionale vibrazione sempre, come spinta verso la conquista di un sublime tanto esclusivo da diventare incomunicabile, tanto grande da trovare adeguata definizione solo nella sua qualificazione contraria, il "piccolo". E' questo infatti l'aggettivo che continuamente ritorna: "piccolo amore" e "piccolo fiore" (XXXVI); "piccola creatura" (XXXVII); "piccolo amore" (XXXIX); "Ma cosi' piccola..." (XLI). Verrebbe quasi da pensare che il poeta insegua un suo personalissimo ideale, o sogno, di "venere tascabile" da cui il suggerimento, o meglio la richiesta del termine, ma non e' cosi', e' la facilita' con cui il vocabolo si colora nelle mani di Mario Perillo, di tutta una gamma di significati e di rimandi da diventare emblematico di tenerezza e affett, protezione e struggimento, sentimento accorato e vocativo di possesso, dolcezza e fragilita', carezza e infinito idillio che sottrae il poeta all'usura del tempo.
E potevano mancare, in questa inimmaginabile altimetria, malinconia e solitudine? E' il tributo che l'artista deve pagare. Un tributo inevitabile, conditio, sine qua, non e' dato essere artisti, non e' dato potersi elevare a quello stato privilegiato di romantica esclusione che ci sottrae alle cure e agli affanni della quotidiana mediocrita'. "Solitudine e melanconia come stato di privilegio"; e' proprio questo il titolo sotto cui Perillo raccoglie alcune sue composizioni. Ne sottolieno una, la XLVIII:

il mio cuore:

una coppa traboccante
pura malinconia.

Sembra qui condensarsi quel sentimento che appartiene, diceva il grande recanatese, solo agli animi nobilit, perche' la malinconia e' il sentimento dell'infinito. E ancora una volta, come era successoper il vocabolo "piccolo" assunto a significare tutt'altro che quel che la parola esprime, si entra nel segno della contraddizione: lo stato malinconico del poeta non e' filamentosa precezione di insoddisfazione, ma avvertimento di un felice stato creativo. Cosi' infatti esprime Perillo nell'ultima composizione di questa sezione:

...
il ricordo che alimenta
questa felice malinconia
che da sempre mi appartiene.

Ancora qualche parola vorrei spendere su due aspetti a mio avviso non privi di interesse: il Perillo poeta in prosa e il Perillo moralista. Le due cose forse sono in qualche modo legate. E' sintomatico, mi pare, che dovendo dire sull'"avarizia" e sull'"ignoranza", dovendo cioe' trattare di tempi implicanti un giudizio negativo si tanta parte di umanita', egli non trovi consono farlo in versi, ma ripieghi, se di ripiegamento si tratta, sulla prosa (LIV; LVI). Dico cio' perche' credo di cogliere in queste prose la soluzione di chi, balbettati, per intrinseche difficolta', sparuti concetti di forma di poesia su argomenti tanto refrattari a quella sintesi che e' propria della poesia, si vede quasi costretto ad orientarsi verso forme piu' idonee che consentano al ragionamento di coagularsi, pur nella lapidarieta' esemplificativa, in sentenze e anatemi.
Voglio chiudere guardando alla composizione LXXXIII, che mi pare piu' delle altre riassume l'arte e il pensiero di Mario Perillo. E' un momento di umilta' e sincerita' profonda ("preferirei imitare per cento anni") di chi sente di dovere tanto agli altri, di chi sa che nulla viene dal nulla. In un tempo, il nostro, di esasperati anarchismi, privo di punti di riferimento o con punti di riferimento cosi' lontani dai bisogni di uno spirito sognatore qual e' Mario Perillo, unica ancora di salvezza e' lo sguardo ai classici, ai grandi del passato. Meglio sbagliare in loro compagnia che annaspare inconcludente tra fiumi di un presente solo teso ad accattivarsi quel plauso che, per quel che vale, non si nega piu' a nessuno, e serve solo ad eccitare le nostre manie di grandezza. L'artista e "piccolo", l'uomo e' "piccolo". Nei dipinti di Mario Perillo, cosmici segni di una natura che puo' essere idillio e tempesta, bisogna cercarlo con la lente di ingrandimento l'uomo. Egli non si proclama pittore, ma "imitatore" un seguace dei grandi che lo hanno preceduto e gli hanno rivelato i segreti del fare consapevole. I suoi scritto si animano e vivono delle stesse nubi e degli stessi bagliori, ma noi non lo chiameremo poeta perche' lui non ce lo consente (XCV):

... per carita'
non scambiatemi
per un poeta.

Guido Ugolini

1 commento:

Anonimo ha detto...

tante minchiate tutte insieme non le avevo mai lette!